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Ascoli, l’ex bianconero Massimo Barbuti il primo a fare gol al Milan di Berlusconi: “Così gli rovinai la festa”

Il 14 settembre 1986 il primo Milan di Berlusconi esordì in campionato a San Siro contro l’Ascoli, che vinse a sorpresa grazie al gol di Massimo Barbuti

Neanche due mesi prima, il nuovo Milan di Silvio Berlusconi — accompagnato dalla Cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner — era atterrato in elicottero sul prato dell’Arena Civica fra i cori dei tifosi. Una presentazione hollywoodiana per chi aveva iniziato a spendere miliardi di lire con l’intento di portare la squadra sul tetto del mondo: Galli dalla Fiorentina, Galderisi e Massaro, ma soprattutto il giovane Donadoni dall’Atalanta, strappato alla Juve. Però il 14 settembre 1986, alla primissima partita di Berlusconi da presidente rossonero, la star diventa Massimo Barbuti, attaccante di provincia, capocannoniere per tre volte in C, trascinatore in B con Parma e Ascoli. In un San Siro stracolmo, è lui a segnare il gol della clamorosa vittoria dei marchegiani, appena promossi in A.

Così, l’ex bianconero Massimo Barbuti ha ricordato quella giornata sulle colonne del Corriere della Sera.
“Ma l’errore fu di Baresi. Liam Brady lanciò da centrocampo, ero defilato sul vertice destro dell’area di rigore. La palla stava andando verso la bandierina, Franco poteva accompagnarmi fuori. Invece mi fece una finta col corpo convinto che l’avrei stoppata. Non sapeva che ero molto bravo a calciare al volo e così feci. La presi talmente bene che si abbassò di colpo scavalcando il portiere. Ero convinto che il tiro sarebbe finito alto, mi ero già girato per tornare a difendere. Poi vidi i compagni correre a festeggiarmi e capii”.
“Dispiace per il Cavaliere, ma io ho solo fatto il mio dovere (ride). San Siro era pieno, c’erano 60mila spettatori. Tutti conoscevano il Berlusconi imprenditore, ma chiunque era curioso di vederlo nelle vesti di presidente. Avevo 28 anni, era la mia prima partita in A, non avevo mai visto tutta quella gente. Certo, anche in B c’erano stadi notevoli. A Udine, a Vicenza… ma niente di paragonabile. Era una muraglia umana. “Ma dove siamo?”, ci chiedevamo fra di noi sul pullman, una volta vista la folla fuori dallo stadio. Berlusconi arrivò con l’autista. In un secondo la Rai era da lui. “Sensazioni? Belle. È un po’ come il primo appuntamento con una donna”, disse. Dopo la sconfitta rideva meno. “Beh, fa niente. Questo Barbuti ha fatto un gol straordinario”.
“Ad Ascoli avevo vinto la B con Boskov in panchina. In estate mi chiamano i nerazzurri, mi volevano come terza punta. Un sogno per uno come me. Papà titolare di un negozio di abbigliamento, mamma casalinga. I primi calci nel piazzale della chiesa, dove avevo costruito una porta facendo incavolare il prete. Insomma, sarebbe stato il coronamento di tutto. L’Ascoli però chiedeva troppo. Chiamai Costantino Rozzi, il “presidentissimo”. Non la prese bene: “Chi cavolo le ha dato il mio numero?”. Io afferrai la valigia, salii sulla macchina e scappai di notte dal ritiro. Dopo dieci giorni tornai. L’Inter aveva preso Garlini, capocannoniere in B con la Lazio solo perché lui tirava i rigori e io no. Gli andò anche bene, perché Rummenigge si fece male e giocò spesso”.
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